"...per comunisti intendo la gente comune, che crede in un ideale e ha creduto nella possibilità di un benessere steso, come una coperta calda, su ogni uomo, donna e bambino." Luca B.

martedì 8 febbraio 2011

G. G. Belli?

Circola da qualche giorno sul web, questo sonetto.
Viene attribuito a Giuseppe Gioacchino Belli, il poeta romanesco del XIX secolo.
A me, l'ha inviato per email, il mio amico Piero, nella convinzione della sua autenticità.

Mentre ch'er ber paese se sprofonna
tra frane, teremoti, innondazzioni
mentre che so' finiti li mijioni
pe turà un deficì de la Madonna


Mentre scole e musei cadeno a pezzi
e l'atenei nun c'hanno più quadrini
pe' la ricerca, e i cervelli ppiù fini
vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi


Mentre li fessi pagheno le tasse
e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
e le pensioni so' sempre ppiù basse


Una luce s'è accesa nella notte.
Dormi tranquillo popolo itajiano
A noi ce sarveranno le mignotte


Molto carina, ma falsa!

Non è un sonetto del Belli, a quell'epoca non esistevano le pensioni e le imposte sul reddito.
Fra l'altro, il Belli, usa un romanesco di piu di un secolo e mezzo fa, ed è molto meno comprensibile per noi non-romani.
Chi l'ha inventata, forse, voleva farci rassegnare allo stato attuale delle cose.
Ma noi non ci caschiamo!
Questa poesiola è solo un amara constatazione, della recente attualità berlusconiana.

Leggi i sonetti del Belli, quelli veri!

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