Circola da qualche giorno sul web, questo sonetto.
Viene attribuito a Giuseppe Gioacchino Belli, il poeta romanesco del XIX secolo.
A me, l'ha inviato per email, il mio amico Piero, nella convinzione della sua autenticità.
Mentre ch'er ber paese se sprofonna
tra frane, teremoti, innondazzioni
mentre che so' finiti li mijioni
pe turà un deficì de la Madonna
Mentre scole e musei cadeno a pezzi
e l'atenei nun c'hanno più quadrini
pe' la ricerca, e i cervelli ppiù fini
vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi
Mentre li fessi pagheno le tasse
e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
e le pensioni so' sempre ppiù basse
Una luce s'è accesa nella notte.
Dormi tranquillo popolo itajiano
A noi ce sarveranno le mignotte
Molto carina, ma falsa!
Non è un sonetto del Belli, a quell'epoca non esistevano le pensioni e le imposte sul reddito.
Fra l'altro, il Belli, usa un romanesco di piu di un secolo e mezzo fa, ed è molto meno comprensibile per noi non-romani.
Chi l'ha inventata, forse, voleva farci rassegnare allo stato attuale delle cose.
Ma noi non ci caschiamo!
Questa poesiola è solo un amara constatazione, della recente attualità berlusconiana.
Leggi i sonetti del Belli, quelli veri!
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